Capitolo 8 - Il nano


Passò un tempo che Korgath non riuscì a misurare. Potevano essere minuti o ore. Era immerso nell'oscurità più nera. Il terrore lo avvolse.

Provò ad arrancare tenendo una mano su una parete, per non cedere alla disperazione, ma cominciò a credere che non sarebbe mai più uscito di lì e fantasticò su quanto tempo avrebbe resistito senza acqua né cibo.

D'un tratto, vide un barlume spuntare da una caverna trasversa, non lontana da lui. Korgath si riscosse dirigendosi verso quella luce, sempre più nitida e vicina.

Giunto quasi all’imbocco del passaggio, sentì dei passi lenti che si avvicinavano. Si schiacciò contro la parete e strinse il coltello, il cuore che martellava in gola e i muscoli tesi, pronti a scattare al minimo segno di pericolo.

I passi erano vicinissimi. Korgath strinse i denti e, con un grido, sbucò fuori dall'angolo. Si aspettava un mostro gigantesco o un orco. Invece, quando vide il portatore della luce, rimase per un attimo interdetto.

Era un nano, uno di quelli che di solito abitavano le montagne a est, alto la metà di lui e molto più vecchio. La barba grigia incorniciava un volto segnato dalle rughe, nel quale due piccoli occhi acuti lo scrutavano sorpresi quanto lui. In mano aveva un bastone di legno chiaro, con un piccolo alloggiamento scolpito sulla cima nel quale era incastrata una pietra grande quanto la mano di un bambino. Era quella pietra che emanava la luce.

«Chi diavolo sei?» chiese il nano rompendo il silenzio dopo un paio di battiti di cuore.

«Ma tu sei un nano!» esclamò Korgath sgranando gli occhi.

«Ma che vista acuta.»

Korgath ripose il coltello nel fodero. «Mi chiamo Korgath. Mi sono perso.»

Il nano invece estrasse un piccolo pugnale da una tasca della giacca e cominciò a brandirlo goffamente. «Sei venuto qui per rubare le mie pietre preziose? Stai lontano dalle mie gemme o ti trafiggo!»

«Calmati, non sono qui per le tue pietre. Mi manda re Keradas.»

Sentendo pronunciare quel nome, il nano trasalì visibilmente. Deglutì non meno di tre volte e corrugò le sopracciglia. «Per chi hai detto che lavori?»

«Re Keradas.»

«Il signore degli elfi?»

«Esatto.»

«Quegli elfi che vivevano in questa terra prima che Attichus la corrompesse con i suoi orchi disgustosi?»

«Proprio così.»

Il nano ripose il pugnale e rasserenò il volto. «Che la Dea Terra sia lodata. Mi chiamo Ongin. Benvenuto nella Montagna Oscura. Vieni, facciamo due passi.»

Korgath camminò a lungo in compagnia di Ongin, e rimase stupito di quanto il nano sapesse destreggiarsi in quell'immenso labirinto di pietra fatto di cunicoli ai suoi occhi tutti uguali.

«Sono qui dal tempo degli elfi» raccontò Ongin. «Sono arrivato dall'est perché avevo sentito dire che in questa montagna si potevano trovare pietre bellissime, alcune anche dotate di poteri fantastici. Gli elfi preferiscono le foreste e il sole, noi nani invece gradiamo la terra e le caverne. Ci piace scavare e scoprire gemme luccicanti, come tu ben sai. Quando sono partito, i miei amici mi avevano sconsigliato di andare. Non è mai corso ottimo sangue tra elfi e nani. Ma quando sono giunto qui e ho chiesto il permesso di esplorare questa montagna, re Keradas non si è minimamente opposto e mi ha permesso di entrare qui senza alcun problema. La sua generosità mi ha consentito di trovare tesori eccezionali. Ecco, guarda qui.»

Il nano affondò la mano nell’incavo di una parete, tirò un poco ed estrasse una pietra scura e grezza. Infisse in terra il bastone con la pietra luminosa e pulì il pezzo di roccia con entrambe le mani. Con sua grande sorpresa, Korgath notò che il frammento di pietra era in realtà una gemma di colore blu scuro.

«Colombite pura» spiegò il nano. «Gli elfi la usano per fare magie di fertilità delle piante. Questa montagna ne è ricchissima. E c'è molto di più.»

Mise il pezzo di Colombite in tasca, afferrò di nuovo il bastone luminoso e proseguì.

«Quando sono arrivato ho esplorato molte caverne naturali e ne ho scavate delle altre. Un nano pratico come me potrebbe rimanere qui per sempre. Dacci una montagna da scavare e noi te la sbricioleremo. E così avrei fatto, se non fosse arrivato Attichus e avesse distrutto il regno degli elfi. Da quel giorno, anche gli orchi esplorano queste caverne. Fortunatamente per me, sono troppo stupidi per riuscire a ricordarsi tutti i sentieri a memoria, perciò si tengono vicini alla superficie. Ma in ogni caso limitano la mia mobilità. Keradas ti avrà sicuramente parlato di Attichus.»

Korgath annuì. «Mi ha mandato qui per rubare l'Occhio del Gigante.»

Ongin sospirò. «Già, l'Occhio del Gigante.» Il vecchio nano sembrò rievocare con la mente ricordi lontani. «Tutto è nato da quella dannata pietra. E pensare che sono stato io a darla ad Attichus.»

Korgath sobbalzò. «Che cosa?»

«Venne qui per chiedermi qualche pietra da usare per i suoi incantesimi. Io gliene diedi una rossa che avevo trovato qualche mese prima. Non era niente di speciale, secondo me, aveva un potere simile a quella che porto sul bastone. La mia emana luce, quella non ne avevo idea e quindi, non sapendo cosa farne, gliela regalai. Poi venni a sapere come era riuscito a utilizzarla: dare la vista al suo gigante e sigillare re Keradas in una tomba di roccia.»

Brontolò un'imprecazione nella sua lingua. «Keradas, che mi aveva accolto così generosamente, adesso è prigioniero anche per colpa mia.»

Squadrò Korgath dal basso verso l'alto. «Dev'essere davvero disperato per riporre la sua fiducia in un umano.»

«Evidentemente la fiducia era mal riposta. Ho combattuto con un troll, sono stato quasi catturato da un esercito di orchi e trascinato qui dal fiume di fango. Inoltre non so come uscire. Non sono certo l'eroe che Keradas si aspettava.»

Ongin sollevò l'indice. «Keradas non agisce mai senza pensare. Ricordatelo.» Poi corrugò la fronte. «Sei stato fortunato a trovare me. Avresti potuto vagare per queste caverne per tutta la vita senza riuscire a trovarne l'uscita.»

«Perché, tu sai dov'è?»

«Si. Ci sono molte uscite. Parecchie sono controllate dagli orchi, ma alcune sono ancora accessibili.»

«E puoi portarmici?»

«Certamente, ma che hai intenzione di fare, una volta fuori?»

«Mi dirigerò verso la torre del gigante.»

Il nano scoppiò a ridere. «Verresti subito catturato dagli orchi. Sei armato di qualcos'altro, oltre a quel coltellaccio?»

«No.»

Il nano sospirò e scosse la testa. «Mi chiedo come farai a rubare l'Occhio del Gigante, se non sei armato bene. Io non ho armi con me, a parte il pugnale che hai visto prima, ma posso darti qualcosa che ti potrebbe tornare utile.»

Mise una mano dentro una sacca che portava appesa alla cintura ed estrasse un sacchettino che porse a Korgath.

«È Ardite, una pietra argentata, finissima come polvere. Queste caverne ne sono ricchissime. È talmente fine che spesso si spande nell'aria e probabilmente anche in questo momento la stiamo respirando. Gli orchi non si addentrano spesso nelle caverne anche perché respirare o mangiare l'Ardite provoca in loro un sonno istantaneo e profondo, mentre a noi non fa niente. Se ti dovessero catturare, potrebbe esserti utile.»

Korgath afferrò il sacchettino. «Grazie. Spero comunque di non avere guai.»

«In questo posto avere guai è all'ordine del giorno. Tieni, prendi anche questa.»

Frugò ancora in tasca e gli porse una pietra trasparente, grossa e spigolosa, che emetteva un lieve bagliore.

«Diventa sempre più luminosa man mano che si avvicina al sole. Ti condurrà verso l'uscita.»

«Grazie.»

Il nano guardò Korgath con un'espressione seria. «Spero che tu possa riuscire e che aiutarti possa farmi espiare la mia colpa.»

«Spero anch'io di farcela.»

Il nano gli diede una amichevole pacca sulla pancia. «Buon viaggio. E buona fortuna.»

Poi sparì nei meandri della caverna, lasciando Korgath da solo e con quella piccola luce magica in mano.

Il prossimo capitolo verrà pubblicato domenica prossima!

2 commenti:

  1. Bella l'Idea del Nano nel Ex Regno degli Elfi, ora in mano agli Orchi ........ nascosto sotto terra in una serie di caverne a labirinto :-)
    Un Saluto buona domenica e migliore setimana in arrivo

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    1. Grazie Arwen! Lieto che ti sia piaciuto! Un saluto e buona settimana anche a te!

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