Capitolo 9 - Le paludi infestate dagli orchi


La pietra magica guidò Korgath lungo i labirinti di pietra. In prossimità delle biforcazioni perdeva luminosità se veniva puntata in direzione sbagliata e ne acquistava quando era diretta lungo il sentiero che conduceva all'uscita. Korgath ringraziò mentalmente il nano per quello splendido dono e fece nota di far vedere la gemma al ricettatore di Sherimal, facendosi pagare profumatamente.

A un tratto, la luce della pietra divenne quasi accecante. Voltato l'angolo, Korgath vide l'apertura della caverna e corse a perdifiato verso l'uscita. I suoi occhi si abituarono presto alla nuova luce e scorse le nuvole colorate sulla sommità della torre ancora lontana.

Dapprima abbagliato, Korgath si abituò presto alla nuova luce e corse a perdifiato verso l'uscita. Dimenticò rapidamente il puzzo stagnante di chiuso e resina bruciata che c'era nelle viscere della montagna e respirò a pieni polmoni l'aria del mondo esterno, che mai prima di quel momento aveva avuto un odore così meraviglioso.

Si accorse però di aver fatto una sciocchezza. Sarebbe dovuto uscire con circospezione. Qualche orco avrebbe potuto trovarsi nei paraggi. Considerando che un intero esercito di quei mostri lo aveva visto sparire nella Montagna Oscura, c'era da immaginare che avessero deciso di sorvegliare tutte le uscite di loro conoscenza.

Fortunatamente, però, la strada era sgombra. Forse era una di quelle che gli orchi non conoscevano.

Un sentiero di ciottoli scendeva per il crinale della montagna fino a una palude scura più a valle. Alla sua destra, Korgath riuscì a vedere il grande fiume serpeggiare attraverso la pianura e sparire dentro la montagna.

Fece per posare la pietra in una tasca, quando si accorse che non era più brillante come prima. Al contrario, era diventata un pezzo di carbone nero e opaco.

Accidenti. Questo il nano non me l'aveva detto pensò tra sé. Ma forse neanche il vecchio Ongin poteva saperlo, dopo essersi rinchiuso da tanti anni nel cuore della montagna. Korgath buttò via quel sasso ormai inservibile e scese lungo il sentiero. Adesso le figure sulla sommità della torre disegnavano orribili teste di draghi sputafuoco.

La strada era insicura e piena di buche nascoste, tanto che Korgath rischiò più volte di cadere. Non c'erano molti cespugli e Korgath sperò di non incrociare alcun serpente rosso come quello di prima. Al contrario, vide solo qualche innocua lucertola che fuggì spaventata al suo passaggio. Tracce di suolo annerito dal fuoco gli fecero capire che gli orchi conoscevano quel sentiero, così affrettò il passo.

Infine, raggiunse la palude. Alberi alti e scuri circondavano l'acquitrino come ciclopiche guardie addormentate. Il fetore era nauseante e il fango arrivava fino a metà polpaccio.

La torre era su un'altura non troppo distante e adesso sembrava molto più grande. Korgath si tappò il naso e avanzò nella melma. La fanghiglia nauseabonda opponeva parecchia resistenza al movimento, la luce filtrava difficilmente attraverso le fronde degli alberi e tutto aveva un'aria così tetra e misteriosa da incutere a Korgath uno spiacevole senso di pericolo imminente.

A un certo punto sentì un rumore alle spalle. Una specie di grugnito. Si girò di scatto, i nervi tesi. Niente. Solo piante.

Continuò ad avanzare, ma un fruscio lo fece fermare di nuovo. Accelerò, per quanto possibile, l’andatura.

Un tonfo gli fece saltare il cuore in gola. Un orco enorme era emerso dalla melma e ruggiva contro di lui. Korgath cacciò un grido. Il fango denso e scuro che sporcava la faccia di quel mostro lo rendeva ancor più terrificante.

«Bene bene, guarda chi abbiamo qui» gorgogliò l'orco in una storpiata e quasi incomprensibile lingua umana.

Subito altri orchi spuntarono da sotto il fango e dalle frasche degli alberi.

Korgath, colmo di terrore, raccolse un po' di coraggio ed estrasse il coltellaccio.

«Non provate ad avvicinarvi!»

Gli orchi scoppiarono a ridere. In effetti, il tono in cui Korgath aveva pronunciato quelle parole era più impaurito che spavaldo.

Sentì lo sferragliare di una spada sguainata, poi una punta affilata gli  fu premuta brutalmente sulla schiena.

«Buttalo via» ordinò una voce rauca alle sue spalle. «O ti infilo questa lama nella schiena.»

Korgath fu sopraffatto dal terrore e obbedì. Subito gli orchi davanti e quelli dietro si avventarono su di lui con un ringhio famelico. L'uomo vide il suo coltello sparire nel fango e abbandonò ogni speranza di salvezza.

Uno dei mostri gli afferrò il braccio e spalancò le fauci all'altezza del polso. Il fango gocciolava orribilmente tra i denti deformi. L'orco si apprestò a mordere, ma un compagno lo bloccò.

Korgath non conosceva la lingua degli orchi, gutturale e selvaggia, per cui non capì ciò che i suoi catturatori si dissero.

Vide l'orco che lo stava per azzannare protestare animatamente con il compagno per averlo bloccato. Questi spiegò qualcosa in tono perentorio, come se invitasse l'altro a eseguire un ordine.

Il primo orco fece un gesto stizzito e alzò la voce, gesticolando e protestando.

Il secondo disse qualcosa che suonò a metà tra un ordine e una minaccia.

L'altro scosse la testa e proruppe in un'esclamazione che aveva il sapore di un rauco invito agli altri a farsi i fatti propri.

Con un balzo, si avventò su Korgath, le zanne esposte e pronte, ma un terzo orco lo afferrò per la cintura, lo spinse indietro e gli infilò la spada nello stomaco. L'orco ferito lanciò un grido lancinante. Poi cadde all'indietro e affondò lentamente nel fango senza che nessuno si curasse più di lui.

In tutto questo, Korgath si sentiva confuso, smarrito, paralizzato dal terrore. Korgath sentì corde viscide e unte legargli polsi e caviglie e i nodi vennero stretti con un ultimo, doloroso strattone. Il più alto e forzuto tra gli orchi lo capovolse e se lo mise in spalla.

«Sei fortunato» gli disse l'orco in un umano sgrammaticato. «Se fosse stato per noi, ti avremmo divorato il fegato qui stesso senza troppe cerimonie. Ma Troghart ha ordinato che ogni prigioniero debba essere portato all'accampamento, quindi camperai ancora qualche ora prima che ti mangiamo pure le orecchie. Ruck se l'è cercata. Non si discutono gli ordini di Troghart.»

Korgath rabbrividì al solo pensiero di trovarsi prigioniero in mezzo a tutti quegli orchi famelici che non aspettavano altro che divorarlo.

Infine, vinto dalla paura e dalla stanchezza, perse i sensi.

Il prossimo capitolo verrà pubblicato domenica prossima!

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