Capitolo 2 - Lo straniero nella locanda


Il vento gelido della notte soffiava fra le case e i campi con un sordo ululato. La maggior parte degli uomini del villaggio era riunita nella locanda “Il ramo del salice” insieme a viaggiatori di passaggio, cinque o sei persone per tavolo e altrettanti boccali di birra e vino, piatti pieni di carne e verdure e qualunque altro tipo di cibaria. Risate e schiamazzi erano intervallate da qualche urlo rabbioso dovuto all’eccesso di bevute, ma l’oste era attento a intervenire con il suo bastone per evitare che si trasformassero in rissa. Un camino caldo e accogliente riscaldava l'immensa locanda dal freddo esterno.

Ma non tutti erano allegri. In fondo alla taverna, seduto da solo, stava un uomo dall’aria accigliata, intento a sorseggiare lentamente della birra. I suoi occhi neri erano severi e corrucciati, la barba folta; i capelli lunghi e castani ricadevano su una pelliccia di lupo adattata a mantello. Portava dei bracciali di pelle d’agnello e alla cintura aveva ben in vista una daga lunga e affilata. Le mani ruvide come quelle di un contadino e i muscoli ben sviluppati lasciavano intendere che lo sconosciuto non era estraneo al lavoro e alla fatica.

Il suo nome era Korgath. Nonostante il chiasso, continuava a sorseggiare la sua birra come se fosse al centro di una bolla di silenzio, indifferente a ciò che lo circondava. Dopo aver finito, posò il bicchiere lentamente e solo allora lanciò un occhiata verso gli altri avventori, ormai tutti ubriachi.

Con aria indifferente, Korgath infilò la mano sotto il mantello, all'altezza delle costole, tastando un oggetto oblungo. Non poteva tirarlo fuori, altrimenti avrebbe attirato la curiosità di tutti i tagliagole della locanda. Era infatti un pugnale d’oro, con uno smeraldo e un rubino incastonati nell'impugnatura, infilato in una guaina di cuoio, con pietre preziose lungo tutta la sua lunghezza.

Non aveva dubbi, quel pugnale era molto antico e doveva valere una fortuna.

Il tuo padrone dovrà fare a meno di te, ormai pensò tra sé e sé.

Un sorriso gli si formò sul viso, mentre ricordava come ne era venuto in possesso.



Aveva rubato il pugnale a un ricco e maturo mercante in una locanda a nord di quel villaggio. Lo aveva adocchiato sin dal primo istante in cui era entrato e lo aveva osservato mentre si scolava varie birre e poi, mezzo ubriaco, sfidava alcuni avventori a braccio di ferro. Korgath aveva notato che, dopo ogni vittoria, l'uomo apriva per un attimo la giacca e dava un'occhiata fugace a un’arma scintillante appesa alla cintura, quasi avesse un incontenibile desiderio di ammirarla.

Versò la metà della serata, uno degli sfidanti aveva accusato il mercante di barare.

«Ti dico che non ho mosso il gomito!» si era difeso lui.

«E io invece dico di si. Lo avete visto tutti!»

«Mi stai dando del bugiardo, brutto ammasso di sterco di cavallo zoppo?»

«Com'è che mi hai chiamato?»

«Ammasso di sterco di cavallo zoppo!»

«Ti faccio vedere io, farabutto!»

L'avversario aveva vibrato un pugno possente, ma Korgath era intervenuto bloccandone il polso e assestandogli un colpo al mento. L'uomo era caduto rovinosamente sulle sedie alle sue spalle.

Prima che l'oste potesse protestare, Korgath gli aveva lanciato una moneta tirando a sé il mercante.

«Oste, della birra per me e il mio amico, presto.»

L'oste, rigirando la moneta fra le dita, era andato nel retro con aria poco convinta. Nessuno degli altri avventori sembrava aver fatto caso alla piccola zuffa.

I due si erano seduti a un tavolo. «Grazie, amico mio.» Il mercante era chiaramente sollevato.  «Ma tu guarda che gente gira da queste parti. Quello non sa perdere, te lo dico io.»

«Certo, è ovvio» aveva convenuto Korgath.

Nel frattempo, era arrivata la moglie dell'oste con due boccali di birra.

«Sei un mercante?» aveva chiesto Korgath, squadrando il suo interlocutore. La domanda era superflua. Si vedeva lontano un miglio, con quelle vesti di lana pregiata e quegli anelli d’oro e gemme.

«Sì, vengo dall'ovest. Sono venuto per fare affari.»

Si era scolato il boccale tutto d'un fiato. Korgath aveva annuito tra sé. La cosa era interessante e da indagare.

«Esattamente cosa commerci?»

«Pietre preziose, in particolare rubini.»

La preda era diventata molto appetibile. I rubini si vendevano bene presso i ricettatori della cittadella di Sherimal, dove Korgath andava spesso a scambiare il bottino dei suoi furti con denaro sonante.

Si sbrigò a ordinare dell'altra birra.

«E quel pugnale che hai alla cintura? Vendi anche quello?»

L'uomo aveva portato istintivamente la mano all'oggetto in questione.

«Oh, sì. L'ho comprato da un guerriero in un villaggio a meno di un miglio da qui. Ha detto di averlo preso a un troll. Ma ci crederesti? Un troll! Da queste parti!»

«Che cialtrone» lo aveva assecondato Korgath porgendogli un altro boccale pieno.

«Già! Ha detto di aver trovato il troll che si abbeverava a un fiume e rigirava questo pugnale tra le mani. Appena quella bestiaccia lo ha visto ha cercato di attaccarlo, ma lui ha estratto la spada e lo ha spaventato, così è scappato lasciando il pugnale per terra. Bah!»

«Magari voleva tirare un po' sul prezzo e si è inventato questa storiella» aveva commentato Korgath, pensando nello stesso istante O magari è quello che vuoi fare tu.

«Già, forse è così.» Il mercante si era scolato di nuovo il bicchiere.

Korgath aveva ascoltato pazientemente le sue farneticazioni per il resto della serata. Ci erano voluti una decina di boccali, ma alla fine il vecchio si era addormentato sul tavolo come un orso, ubriaco fradicio. Si era fatta mezzanotte e la locanda era ormai mezza vuota. I pochi  avventori rimasti si reggevano in piedi a stento. L'oste aveva cominciato a spazzare per terra, mentre la moglie rimetteva in ordine i tavoli, raccogliendo i boccali caduti e portando via i piatti.

Silenziosamente e rapidamente, come era abituato a fare, Korgath aveva sfilato al mercante gli anelli e il pugnale. L’uomo non si era accorto di nulla, seguitando a russare rumorosamente come se niente fosse. Poi Korgath era andato a pagare il conto.

«Questo è un piccolo extra per voi e vostra moglie» aveva detto spingendo nel palmo dell'oste alcune monete in più. «Quando il grassone si sveglierà e si accorgerà di non avere più un soldo, ditegli che ha perso i suoi averi a braccio di ferro. Probabilmente vi parlerà di un uomo che gli ha offerto da bere. Quando vi dice così, ditegli che la sbornia gli fa credere cose che non esistono. Sono stato chiaro?»

L'oste, contando le monete accuratamente e infilandole in una tasca del grembiale sporco, guardò Korgath dritto negli occhi. «Sarete servito.»

Poi aveva ricominciato a spazzare. Korgath lo salutò, aveva infilato rapidamente la porta, sparendo nell'oscurità della notte.



Adesso, contemplava sorridente quel meraviglioso pugnale, pensando a quanto gli avrebbe fatto guadagnare. Ma la sua allegria fu spezzata bruscamente quando sentì  una mano battergli sulla spalla. Il sangue gli gelò nelle vene. Nascose in un lampo il prezioso pugnale sotto il mantello, agguantò il manico del fedele coltello da combattimento e si girò di scatto.

Era un ragazzetto di non più di dodici anni. Biondo, dall'aria sbarazzina e furba.

«Tu sei Korgath, vero?»

«E tu chi sei?»

«Vieni con me. C’è una persona che vuole parlarti.»

«E chi sarebbe?»

Il bambino afferrò la mano di Korgath e la strattonò con forza, inducendolo ad alzarsi. «Non c’è tempo da perdere. Vieni.»

«Ehi, fermo! Lasciami!»

Il bambino sembrava avesse una gran fretta. «Sbrigati, avanti!»

Korgath si liberò della presa con uno strattone. «Senti, ragazzino, io non ho tempo da perdere.»

«Nemmeno io.» Lo acchiappò per la manica e tirò più forte di prima. «Dai, sbrigati! Dobbiamo andare!»

L'oste si girò verso di loro con aria sospetta.

«Si può sapere dove mi vuoi portare?» chiese Korgath, innervosito.

«Mi chiamo Maki e c'è una persona che vuole vederti. Se mi segui sono sicuro che potrai guadagnarci qualche cosa.»

Korgath non credeva molto alle sue parole, ma non voleva attirare troppa attenzione e poi tanto valeva dargli corda. In quella locanda non c'erano polli da spennare. Sospirò e si lasciò condurre fuori. Passando, buttò una moneta d’argento all’oste. Un secondo dopo, i due erano fuori e Korgath sentì il vento gelido del nord sferzargli la faccia.

Il prossimo capitolo verrà pubblicato domenica prossima!

2 commenti:

  1. Letto anche questo aspetto domani il secondo capitolo.
    Tu sei Passato al RIfugio degli Elfi, http://ilrifugiodeglielfi.blogspot.it/
    sei diventato mio follower ? Se non lo hai ancora fatto ti invito a farlo tra l'altro è in corso al Rifugio al momento il Link Party degli Elfi e se decidi di partecipare potrai dare un pò di visibilità in più al tuo blog
    http://ilrifugiodeglielfi.blogspot.it/2015/03/link-party-degli-elfi-per-la-primavera.html
    C'è qualche piccola regola da seguire per il Link Party ma di sicuro conviene!
    Buona serata fine settimana e miglior primavera

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    1. Ciao! Si, sono già tuo follower ;-) Il Link Party mi sembra un'iniziativa interessante. Ti faccio sapere!

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